Dismorfismo corporeo

Dismorfismo corporeo

Il termine deriva dal greco “dis – morphé” forma distorta e “phobos” timore.

Questa fobia è il prodotto di una visione distorta del proprio aspetto fisico, come se si indossassero delle vere e proprie lenti deformanti.

Potremmo dire che è un problema psicologico frutto anche dell’epoca in cui viviamo, continuamente bombardati da immagini di corpi perfetti, snelli, tonici; donne dello spettacolo bellissime, uomini con addominali scolpiti.
E’ chiaro che venga naturale il cercare in ogni modo di avvicinarsi il più possibile a questa bellezza, e attraverso i mezzi più disparati: diete ferree, intensa attività fisica, cosmesi, estetica o addirittura chirurgia plastica.

Tanti sforzi per mirare ad una perfezione fisica inseguita sia da uomini che da donne in uguale misura, perché anche i maschi si trovano a dover fare i conti con i chili di troppo, con i muscoli non abbastanza torniti o con la calvizie.

E’ vero, la cura di sé, della propria immagine, entro certi limiti, deriva soprattutto da un piacere, forse uno dei più importanti, ovvero il piacere di piacere e di piacersi.

Quando però questa attenzione per la propria immagine si irrigidisce può sfociare in una vera e propria ossessione per il proprio aspetto esteriore.

La dismorfofobia è un disturbo psicologico che si caratterizza per un’eccessiva e sproporzionata preoccupazione per un difetto fisico o che esiste realmente ma in maniera contenuta o che viene percepito come reale anche se non esiste.

La persona struttura una percezione alterata della propria immagine al punto da creare una vera e propria ossessione per il presunto difetto, ossessione che diventa dominante nella vita dell’individuo, portandolo in alcuni casi ad evitare progressivamente l’esposizione sociale per timore del giudizio.

La dismorfofobia può manifestarsi in particolar modo durante l’adolescenza, proprio per la delicatezza di questa fase evolutiva ed in concomitanza con le tipiche trasformazioni dell’età puberale che possono produrre insicurezza rispetto al proprio corpo.

Quando questa insicurezza ed il disagio che ne deriva si trasformano in fobia e ossessione, ci troviamo di fronte ad un caso di dismorfofobia, ovvero quella sensazione soggettiva di deformità nonostante l’aspetto della persona rientri nei limiti della normalità.

Questa percezione chiaramente non va confusa con la sofferenza psicologica di chi realmente ha una malformazione evidente. In questo caso l’intervento terapeutico da strutturare segue una strada completamente diversa.

I dismorfofobici possono trascorrere anche intere giornate a rimuginare sulla “deformità”, che si trasforma nel tarlo che logora giorno dopo giorno, alla ricerca quotidiana di possibili soluzioni, che possono spaziare dal make-up per celare, ad un certo tipo di abbigliamento per nascondere rotondità, ad una particolare pettinatura per mascherare un diradamento dei capelli, fino a giungere in alcuni casi alla chirurgia estetica.

A livello di comportamento, il dismorfofobico ha bisogno di specchiarsi di continuo per controllare in maniera ossessiva l’evoluzione del difetto o al contrario, può evitare qualsiasi superficie riflettente, specchi, vetrine di negozi.

Comportamenti tipici, e dai tratti ossessivi, che possono presentarsi in associazione a questo disturbo, sono: l’eccessiva cura del corpo, il lavarsi e pettinarsi frequentemente, la tendenza a fare continui confronti fisici con altre persone ed in particolare la ricerca di costanti rassicurazioni da parte degli altri rispetto al difetto.

La percezione distorta della propria immagine può riguardare qualsiasi parte del corpo, anche se esistono alcune zone più esposte a questo rischio e sono in genere: testa e viso, quindi capelli (in particolare per gli uomini), acne, rughe, asimmetrie, eccessiva peluria.

Oppure preoccupazioni riguardanti la forma o la proporzione di naso, occhi, bocca o denti. Ma anche dei glutei, della muscolatura, dei genitali, del seno.

Per far fronte all’ansia che deriva dall’ossessione per il difetto, la persona metterà in atto una serie di tentativi fallimentari o Tentate Soluzioni disfunzionali che generalmente si ripetono.

Tra queste ritroviamo:

  • L’evitamento dell’esposizione per timore di essere osservato e giudicato. Questa Tentata Soluzione si rivela disfunzionale perché va a confermare ancor di più la certezza di avere un difetto.
  • Il mascherare il difetto con un trucco pesante, o con grandi occhiali da sole, pettinature particolari etc. ha l’effetto di attirare ancora di più su di sé lo sguardo degli altri.
  • Il parlare continuamente del problema alla ricerca di continue rassicurazioni. L’effetto paradossale della rassicurazione in questi casi è quello di alimentare ancora di più nella persona la convinzione dell’esistenza del difetto per il quale viene rassicurato.
  • In ultimo anche correttivi chirurgici ai quali potrà seguire purtroppo l’individuazione di ulteriori difetti da correggere ed altri ancora, e ancora, innescando un circolo vizioso molto pericoloso.

La Terapia della dismorfofobia, rifacendosi anche in questo caso alla logica del modello strategico, segue obiettivi ben precisi:

  • Osservare come il problema funziona nel presente;
  • Intervenire sui meccanismi disfunzionali che lo mantengono nel tempo, iniziando a bloccare quindi tutte le tentate soluzioni fallimentari che la persona ha messo in atto per tentare di risolvere il problema ma che in realtà lo amplificano ancora di più;
  • Ciò attraverso un protocollo di trattamento costruito ad hoc per questa patologia.

In particolare nel caso di adolescenti, l’intervento dovrà essere almeno inizialmente di tipo sistemico e quindi bisognerà guidare i genitori ad evitare di parlare continuamente del problema per smettere di alimentarlo ancor di più, evitare di dare rassicurazioni o di negare.

Quindi, bisogna intervenire direttamente sulla persona con manovre che mirano gradatamente a sostituire la percezione distorta recuperando una relazione sana con la propria immagine ed una relazione positiva con gli altri.

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